Storia di Marta

Storie di affido: la storia di Marta.

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Nei giorni precedenti abbiamo mandato gli inviti, cercando di non dimenticare nessuno delle tante persone che la nostra Marta ha conosciuto durante i due anni e mezzo che ha vissuto con noi. Infatti la festa era dedicata a lei, per salutarla e dirle quanto le vogliamo bene ed esprimerle i nostri auguri per la sua vita, ora che comincerà una nuova avventura, a casa del suo papà e con suo fratello Francesco.

I preparativi per la festa e per la successiva partenza di Marta sono stati momenti di profonda riflessione per tutta la mia famiglia sul frammento di storia che abbiamo vissuto con Marta. Ognuno di noi le ha scritto una lettera di saluto, di arrivederci (tutti abbiamo scritto), condita di lacrime, ma anche di tanta consapevolezza della grandiosità di quanto abbiamo saputo vivere insieme.

Ho molto ripensato alla mia vita con Marta, preparando la sua partenza, non solo facendo con lei le valige, ma anche riordinando i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sbagli, tutto il mio mondo affettivo che si è costruito dentro la relazione con questa “mia figlia”.
Marta è arrivata da noi circa tre anni fa, aveva appena compiuto 9 anni. Lei e i suoi fratelli vivevano da due anni in una comunità e tutti insieme contemporaneamente cominciavano questa nuova avventura in famiglie affidatarie diverse. Quando l’abbiamo incontrata per la prima volta Marta ci è sembrata una bellissima bambina, affettuosa e bisognosa di coccole e cure. E’ stato facile per tutti accoglierla nella nostra casa, nella nostra rete famigliare, anche perché lei è stata molto astuta nel regalarci tutte le sue doti migliori. D’altro canto credo che anche noi, presi dal nostro ruolo accogliente, abbiamo messo in atto tutte le nostre dinamiche di bontà, disponibilità, pazienza….

Prima che Marta arrivasse da noi c’è stato un accurato lavoro di valutazione e preparazione coi servizi sociali, gli operatori e le famiglie affidatarie scelte per questi fratelli. E’ stato un tempo molto utile, pur se nel cuore premeva l’urgenza e il desiderio di incontrare i bambini, perché ci ha permesso di entrare “in punta di piedi” e con la testa dentro la storia delicata di questi figli. E’ stato molto utile anche per cominciare a ragionare e collaborare tra le famiglie ospitanti, per far percepire ai fratelli una trama unica pur se modellata sulla personalità di ognuno, per farli sentire “famiglia” tra loro e attutire la fatica della separazione.
Questo camminare insieme tra le famiglie è stata una esperienza costruttiva, di grande confronto e stimolo vicendevole. Siamo stati veramente compagni di viaggio e in molte occasioni ci siamo sostenuti e spronati; altre volte è stato faticoso aspettare i tempi dell’altro e modulare i propri interventi su decisioni prese da altri, ma la condivisione della vita dei nostri ragazzi, con tutte le loro ferite, ci ha fatto dono di una amicizia e stima profonda che continuano ancora.

Giorno dopo giorno Marta è entrata nella nostra casa, nella nostra quotidianità e devo dire quasi sempre con grande entusiasmo, tanto era profondo il suo bisogno e desiderio di appartenere a qualcuno. Infatti sin dal primo momento ci ha chiesto di poterci chiamare “mamma” e “papà”. Per molto tempo ci ha chiamati così solo per un suo bisogno, ma piano piano costruendo la relazione, imparando a conoscerci e a fidarci, siamo diventati veramente “mamma” e “papà” per lei, pur continuando ad essere figlia dei suoi genitori.

Quando ha cominciato a non sentirsi più ospite, ma componente della famiglia, con i suoi spazi, le sue responsabilità, i suoi doveri e impegni, quando cioè si è accorta di dover fare i conti quotidianamente con le nostre regole famigliari Marta ha cominciato a mostrare anche i suoi lati più bui e nascosti. Di fronte alla fatica di accettare delle critiche, dei no o dei richiami per azioni sbagliate molto spesso diventava aggressiva, cattiva e tirava fuori urlando tutta la sua rabbia. Abbiamo vissuto con lei momenti di grandissima fatica e difficoltà, durante i quali ci sembrava di non essere adeguati, di non potercela fare. Ma, anche con l’aiuto prezioso del tutor e delle altre famiglie, siamo riusciti a reggere agli tsunami che Marta, suo malgrado, provocava. Ed era proprio ciò di cui lei aveva bisogno: fare esperienza concreta che nonostante la sua “cattiveria” noi rimanevamo, con lei, per lei. Le crisi sono state difficili da gestire per i nostri figli, un po’ per la loro persa tranquillità, un po’ per la fatica di accettare una sorella così impegnativa e “rompi”, ma soprattutto per le tensioni, le preoccupazioni, le lacrime che causavano a noi genitori. Vedere mamma e papà KO per colpa sua smuoveva in loro una sorta di rifiuto e di distacco nei confronti di Marta.

La nostra tutor spesso ci diceva “non importa perdere la battaglia, ciò che conta è vincere la guerra!” Probabilmente abbiamo perso tante battaglie, sono certa che molte le abbiamo vinte e la crescita di Marta ne è la prova vivente. Non so se abbiamo vinto la guerra: certamente non siamo riusciti a sanare le ferite profonde di Marta, e nemmeno ne abbiamo avuto la pretesa. Abbiamo cercato di accoglierla e di volerle bene per quella che lei è; abbiamo cercato di aiutarla a tirare fuori da se ciò che le ha fatto del male, e a mettere in luce tutta la bellezza della sua identità.

Carissima Marta, è giunto il momento che tu lasci la nostra casa, che è stata la tua casa per più di due anni e mezzo. Come dici bene anche tu, sei un po’ felice e un po’ triste. E così è anche per tutti noi. Siamo felici che tu puoi cominciare a vivere nella tua famiglia e siamo un po’ tristi perché non starai più nella nostra casa e nella nostra famiglia. In questi lunghi mesi, da quando sei arrivata, sei diventata “nostra” figlia, e per i nostri figli una “sorella”. E questo legame non lo potrà cancellare mai nessuno. Abbiamo imparato a conoscerci, ad accettarci e a volerci bene, giorno dopo giorno. Possiamo continuare a volerci bene anche se dei chilometri ci separano e se non ci vediamo più ogni giorno. Ti capiterà di pensare a noi, mentre starai facendo le tue cose, e forse questo vorrà dire che qualcuno di noi sta pensando a te. E anche noi sapremo che tu ci stai pensando. E poi tu sai che questa rimarrà per te sempre casa tua. Ti aspettiamo ogni volta che vorrai e potrai. Non c’è bisogno che ti lasciamo delle raccomandazioni: tu sai molto bene come devi essere per essere felice. Segui sempre il tuo cuore.

Ti auguriamo una buona vita.
Con tanto amore,
mamma Anna e papà Pietro

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